610200.D – Democrazia, GET – Gettare nell’Evoluzione Tutto, di Rino Masseroni, 2018

Democrazia e partecipazione [1]

Dalla conquista del mondo alla conquista della democrazia, il tutto è avvenuto nello sviluppo delle relazioni tra società e nel segno della costruzione di insiemi sempre più complessi e ugualitari; possiamo così sintetizzare gli insiemi evolutivi fondamentali:

  • socioeconomico intendiamo il processo di produzione e commercializzazione di beni e servizi giunto a livello mondiale;
  • socioculturale è quello spazio delle nostre attività legato all’istruzione scolastica, alle ricerche scientifiche e alla diffusione delle tecniche;
  • sociopolitico appartengono a questa sfera tutte le attività che i gruppi e i singoli svolgono nella gestione della società civile.

Risulta evidente che l’aspetto socioeconomico oltre a essere quello più reclamizzato dai mass media è quello che per le categorie meno abbienti determina in modo violento la quantità dei poveri a vita, l’aspetto socioculturale è stato quello che si è maggiormente evoluto, l’ambiente sociopolitico è ancora precluso alla maggior parte della gente, l’attività di democrazia poi è limitata per legge, ci è permesso infatti un voto ogni lustro.

Nella Costituzione italiana non viene menzionata la parola democrazia, ed anche analizzando testi specifici sull’argomento trovare una definizione univoca risulta impossibile, lo storico Massimo L. Salvadori in merito ha recentemente esposto gli eventi di maggior rilievo legati alla storia della democrazia[2].

In Italia il primo articolo della Costituzione afferma che lo Stato si basa sul lavoro, inteso che è mantenuto dal lavoro, senza però fare nessun riferimento alla presenza attiva dei lavoratori nella gestione dello Stato.

La democrazia della Grecia di Pericle, Tucidide e Aristotele fu il primo esperimento di condivisione del potere da parte del 10% della popolazione detentrice degli armamenti, il restante 90% erano comuni schiavi, la cariche pubbliche venivano assegnate per sorteggio e la corruzione era un malcostume già presente.

Il pensiero dell’età classica è durato millenni grazie alla triade SPA (Socrate, Platone e Aristotele) che riuscirono a produrre filosofie in grado di rappresentare la realtà in modo sufficientemente completo e totalizzante, altre civiltà utilizzarono sistemi più primitivi per dare un senso all’esistenza, come ad esempio le religioni.

I testi di Platone e Aristotele riportano riferimenti e principi ormai superati; il testo di Aristotele La costituzione degli ateniesi, scoperto e pubblicato nel 1891, è l’unica delle 158 costituzioni che furono redatte dalle varie comunità della Grecia antica a noi pervenuta ove si scoprono molti aspetti che non siamo ancora stati in grado di codificare.

Se per Aristotele «… Il bene si trova in tutte le categorie…»[3] questo vale anche per la democrazia in quanto contemplando l’equilibrio totale è garante di giustizia e prosperità.

Le civiltà a sistema imperialista basate sull’utilizzo della potenza sono ormai al tramonto, il traguardo è vicino, le nuove generazioni vedranno il paradiso o la primavera sognati da millenni, o per lo meno dal 1848 dai popoli europei.

Ogni rapporto umano avviene tra individui che sono soggetti alle stesse regole; essere democratici significa rispettare e condividere le scelte altrui, questo comportamento è destinato a sostituire la metafisica e la teologia.

Se l’economia imperialista è riuscita solo a creare ricchezza per pochissimi, significa che le democrazie ottocentesche hanno perso la loro capacità innovativa, durata poche generazioni. Il benessere per tutti esige un mutamento di fondo e la democrazia rappresenta in questo l’anello del tutto.

In alcuni paesi vengono tenuti corsi su alcune patologie sociali come ad esempio: bullismo, femminicidio e delinquenza comune, per ora nulla è stato fatto in merito alla corruzione sistematica della politica e alla criminalità spregiudicata del mondo finanziario.

«Rinunciare alla propria libertà vuol dire rinunciare alla qualifica di uomo, ai diritti dell’umanità e anche ai propri doveri. Non esiste alcun compenso possibile per chi rinunci a tutto ciò. Una tale rinuncia sarebbe incompatibile con la natura dell’uomo, tanto più che toglie ogni libertà alla volontà, significa togliere ogni valore morale alle azioni.»[4].

I principi, proprio perché traggono origine dal meglio di noi, hanno per definizione in sé contenuti superiori alle regole esistenti, che sono il frutto del compromesso con la realtà nelle sue mille sfaccettature, e dipendenti da fattori contingenti come la discrezionalità individuale.

Il macroeconomista americano Jeffrey D. Sachs ha dimostrato in modo chiaro come in America i due partiti che si alternano storicamente al potere sono di fatto entrambi considerabili come conservatori e che non esistono differenze sostanziali sull’operato delle gestioni Bush e Obama.[5]

Da sempre in Italia si sente parlare dell’esistenza del problema della questione meridionale, delle mafie, della corruzione nelle istituzioni, dei grandi evasori fiscali, oltre che delle patologie classiche dell’imperialismo quali: sfruttamento del lavoro salariato, malattie dovute all’inquinamento e alla sofisticazione degli alimenti, senza mai ricevere dai politici proposte concrete per un cambiamento.

L’Italia è il Paese con l’indice di corruzione percepita e reale più elevato tra i Paesi sviluppati; la condotta degli italiani è generalmente basata sull’opportunismo, sul compromesso e sul parassitismo sociale.

I politici a vita come professione sono i gestori di tutto ciò, nel nome del popolo che li elegge, la nostra democrazia è fondata sul concetto di mandato e rappresentanza; questo meccanismo non è per nulla efficiente e soddisfacente, solo il 5% del popolo italiano ritiene la politica eticamente giusta.

I politici vivono di politica e non per la politica, i politici vivono per mantenere le miserie e non per risolvere le ingiustizie storiche del nostro paese; in Italia la classe politica è strutturata a retribuzione variabile in proporzione al livello di gerarchia raggiunto.

È essenziale che i partiti, i sistemi elettorali, la società civile e le istituzioni operino collaborando; non può esistere una disparità tra le varie componenti che operano per il funzionamento dello Stato.

Il comportamento democratico implica spazi sociali aperti, questo sarebbe naturale se già durante i cicli scolastici fosse dedicato del tempo al confronto attraverso iniziative tra gli studenti, coadiuvati da esperti per affrontare le tematiche emergenti.

Allo stato attuale «Ogni stato è fondato sulla forza.»[6] e vive come struttura separata dalla vita dei cittadini.

Nella Grecia antica nelle assemblee pubbliche, per quanto limitate a pochi, i voti si esprimevano ponendo nelle anfore dei ciottoli, dopo oltre due millenni le nostre democrazie rappresentative hanno permesso lentamente il suffragio universale.

Il sistema della rappresentanza politica attuale che prevede il voto ogni 5 anni è risultato inefficace, pertanto occorre inventare e costruire sistemi di partecipazione attiva più efficaci dei ciottoli e dei voti segreti; l’elettronica può contribuire a questa causa sempre considerando i suoi limiti di macchina.

Le varie democrazie e relative costituzioni in Atene e nella Grecia antica dipendevano da chi le gestiva direttamente, chi era gestore del voto diventava poi il padrone dello Stato, nell’undicesima costituzione di Atene veniva riportato che:

«L’undicesima quella dopo il rientro da File e dal Pireo, e da essa siamo giunti fino a quella di oggi, che attribuisce sempre il massimo potere al popolo. Infatti lo stesso popolo si è reso direttamente padrone di tutto e regola ogni cosa con decreti e tribunali, nei quali egli è sovrano. Infatti le delibere del Consiglio sono passate al popolo. E sembra che ciò sia stato fatto giustamente; infatti pochi individui sono più facilmente corruttibili rispetto a molti tramite denaro e favori.»[7].

Istituire uffici comunali per la democrazia ove organizzare assemblee pubbliche per proporre referendum giornalieri e settimanali avvicinerebbe i cittadini ai palazzi del potere, contribuirebbe ad un approccio maggiormente pragmatico alle problematiche più diffuse, riducendo la necessità di assistenzialismo misericordioso sotto forma di welfare.

(1762) Rousseau «La sovranità non può essere rappresentata…».

Precisiamo che democrazia non significa solo potere al popolo, concetto che ha sempre indotto paura ai capi, ma anche l’espressione delle singole volontà che vengono trasformate in regole secondo il principio della maggioranza, questo non è pienamente avvenuto, la storia delle democrazie rappresentative di origine ottocentesca ha avuto come esito il disinteresse da parte del 90% dei più alla cosa pubblica.

La delega indiretta alla classe politica non è certamente il più efficace dei modi per esprimere le proprie volontà, in quanto la delega ha portato le classi politiche a strutturarsi in autentiche autocrazie; il voto segreto è di fatto una delega in bianco.

È evidente che se il popolo con semplici referendum decidesse le regole del gioco, la casta e le categorie privilegiate perderebbero il loro ruolo, con il conseguene aumento di senso di appartenenza da parte dei cittadini; questa è la battaglia epocale del XXI secolo.

Lo Stato non è il solo luogo dove vive la democrazia, se per tale si intende condivisione di valori ed egualitarismo, il comportamento democratico è in tutte le nostre azioni.

Se nel passato sono state le FRI a dominare, nell’era dell’Homo social gli individui devono potersi comportare in modo libero, la disciplina che comprende complessivamente tutte le situazioni della nostra vita è la democrazia. 

Se in Occidente come in Oriente i giovani non sanno molto sugli anni della guerra fredda e del pericolo nucleare, pochi sanno che 9 Paesi al mondo detengono 15.000 armi termonucleari distribuite sul tutto territorio della nostra Terra; si spera che la democrazia vincerà alla fine sui guerrafondai di ogni fazione.

Il passaggio dalle FRI alla democrazia ha di sostanziale l’eliminazione del dominio animale, l’Homo social sostituisce l’Homo imperio.

L’efficacia della democrazia è direttamente proporzionale alla partecipazione al suo interno dei cittadini, i politici si domandano e si meravigliano perché i molti non collaborino attivamente alla vita pubblica, ma nessuno di loro ha le idee chiare sul ruolo stesso della democrazia, inoltre la questione della partecipazione non rientra minimamente nei loro piani, eppure è molto semplice, occorre solamente consegnare il potere decisionale nelle mani di tutti.

In Italia la classe politica, come già detto, è di circa 700.000 persone, l’1% della popolazione, di cui il 10% sono da considerarsi criminali autopatentatosi a piede libero di gran lunga più infimi dei delinquenti comuni attualmente detenuti nelle carceri (circa 70.000).

La partecipazione può esistere solo fra uguali[8], l’uguaglianza è da sempre esistita all’interno di strati sociali con interessi comuni, altrimenti le relazioni tra gruppi differenti avrebbero sempre portato a scontri, il passaggio dalla lotta tra parti alla condivisione di prospettive comuni è basilare per il cambiamento.

L’evoluzione dei partiti e della democrazia è avvenuta in modo diverso; nelle prime democrazie dell’800 in Europa si confrontarono i conservatori (autorità, tradizione, obbedienza all’ordine costituito) e i liberali (individualisti, razionalisti, assolutisti), a partire dalla fine dell’800 con lo sviluppo del socialismo il panorama passa da bipartitico a pluripartitico con la nascita dei partiti radicali.

Per assistere alla formazione delle prime organizzazioni politiche e sindacali dei lavoratori passarono alcuni decenni; primo poiché non avendo basi pregresse nacquero di fatto dal nulla, secondo poterono svilupparsi solo in quei Paesi dove la prima fase di industrializzazione portò a città con una massiccia presenza di proletariato, ove in generale le condizioni di vita erano al livello minimo di sussistenza ovvero il peggiore mai raggiunto nella storia moderna.

Possiamo dire che i partiti moderni nacquero all’interno del proletariato grazie anche ai pochi intellettuali della borghesia che passarono nelle file socialiste cambiando schieramento, mentre i partiti conservatori o filoreligiosi furono un adattamento delle élites già esistenti, come l’aristocrazia e la nuova borghesia capitalista che semplicemente si cambiarono d’abito.

Già dai primi del ’900 i partiti progressisti e le organizzazioni sindacali persero il loro slancio innovativo, i funzionari divennero burocati, di conseguenza il distacco fra i dirigenti e la base diventò sempre maggiore[9]; essi non riuscirono a capire e a rappresentare le istanze dei cittadini, le principali conquiste in materia di diritti civili furono ottenute autonomamente dalla società civile.

Con la fine delle ideologie era inoltre diventato più sottile il margine che differenziava le storiche categorie politiche, quali progressisti e conservatori, il tutto a discapito della chiarezza e dell’onestà intellettuale; i dibattiti politici hanno assunto la sembianza dei vecchi film che ostinano a propinarci e che ormai non interessano più a nessuno.

«L’adozione del suffragio universale, ad esempio, ha facilitato lo sviluppo dei partiti socialisti all’inizio del XX secolo nella maggior parte dei paesi europei.»[10].

«In Europa, alla fine dell’Ottocento, potremmo schematizzando un po’ distinguere due tipi di comitati: gli uni, corrispondenti ai partiti conservatori, raggruppano aristicratici, grandi industriali, banchieri nonché ecclesiastici influenti; gli altri, corrispondenti ai partiti liberali o radicali (nel senso francese del termine), si compongono di commercianti e industriali medi, di funzionari, professori, avvocati, giornalisti, scrittori.»[11].

Nel primo Parlameto italiano eletto nel 1861 gli aventi diritto al voto furono 300.000, tutti signori benestanti secondo i regimi elettorali censitari di norma presenti in molti Paesi all’epoca ed in tutto paragonabili a quelli della Grecia classica.

Nel 1861 si stima che in Italia la schiera dei meno abbienti fosse composta da almeno 25 milioni di individui, essi non detenevano il diritto al voto non avendo un reddito adeguato e di fatto non godevano di alcuna forma di rappresentanza parlamentare.

Nel primo Parlamento fu eletto il 25% di avvocati, mentre nel primo decennio del XXI secolo gli avvocati eletti nel parlameto italiano sono passati al 75%, questa è da considerarsi la peggiore forma di rappresentanza in quanto composta principalmente da una singola categoria professionale fortemente elitaria, nello stesso Parlamento un solo eletto apparteneva alla categoria degli operai su un totale di 945 eletti.

Il Senato italiano fu di nomina reggia e composto da nobili e aristocratici fino al 1945, nel 1946 le donne ottennero il diritto di voto, e alle elezioni di quell’anno votarono 27 milioni di cittadini su 29 milioni aventi diritto. L’analisi di questi dati evidenzia la lentezza con cui si sviluppò la partecipazione del popolo alla vita democratica, ma anche che alcune categorie come nobili e avvocati hanno da sempre avuto ruoli predominanti nella vita democratica, sono stati di fatto ladri di democrazia, i partiti e i politici di ogni colore si sono limitati ad adeguarsi a questo sistema fondato sullo scambio di favori.

Weber[12] analizzò in modo chiaro il ruolo degli avvocati nella società occidentale, arrivando alla conclusione che furono i giuristi italiani, tramandando l’antica giurisprudenza romana del Medioevo, la principale fonte delle leggi contemporane.

Successivamente negli Stati moderni, avvocati e i giuristi si unificarono con le democrazie aristocratiche e borghesi nella gestione della politica e nella difesa dei propri interessi, primo fra tutti quello economico.

Bisogna valutare se togliere l’incombenza delle scelte che vengono considerate etiche o peggio ancora legate all’obiezione di coscenza alla classe politica.

Ad oggi esistono solo meccanismi elettorali per la raccolta dei voti gestiti dai partiti e basati su programmi che in verità non sono mai rispettati; ricordiamo che la Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea prevede libertà di pensiero, di coscenza e di religione ma, pur specificando che essi sono diritti di ogni individuo, non viene menzionata la metodologia attraverso cui esercitarli.

Lo strumento referendario sembrerebbe essere la via da prediligere poiché unico in grado di limitare lo strapotere della politica nelle scelte etiche individuali.

«I partiti politici sono comunità a fini generali, si presentano come sistemi compiuti e coerenti di spiegazione sociale, mirano ad una organizzazione d’insieme della vita nazionale e anche internazionale. Questa generalità dei fini allontana da essi molti individui che sarebbero d’accordo su questo o quell’obiettivo particolare ma non sull’insieme.»[13].

Occorre riflettere e agire da cittadini consapevoli per verificare l’effettiva validità dei partiti come fondamento della democrazia, l’analisi sociologica sulle differenze tra i partiti opposti desta ancora interesse, in quanto le differenze si possono notare più a livello demagogico all’interno dei proclami elettorali che non da quanto realizzato dal vincente di turno.

La delega alla classe politica dovrebbe garantire il mantenimento delle promesse elettorali ovvero la realizzazione delle istanze dell’elettorato, così non è! La guerra per il controllo degli apparati di Stato è diventato l’attività principale dei partiti trasformando la politica in un vero e proprio mestiere.

«Quando di una questione si dice è “politica”, che un ministro o un funzionario sono “politici”, che una decisione è condizionata “politicamente”, s’intende sempre dire che gli interessi relativi alla distribuzione del potere, al mantenimento del potere o al trasferimento del potere sono decisivi per la risposta a quella questione, condizionano questa decisione o determinano la sfera di azione di quel tale funzionario. Chi fa politica aspira al potere, o come mezzo al servizio di altri fini – ideali o egoistici – o “per il potere in se stesso”, per godere del senso di prestigio che esso procura.

Al pari dei gruppi politici che lo hanno storicamento preceduto, lo Stato consiste in una relazione di potere di alcuni uomini su altri uomini fondata sul mezzo dell’uso legittimo (vale a dire: considerato come legittimo) della forza. Affinché esso sussista, i dominati devono dunque sottomettersi all’autorità cui pretendono coloro che di volta in volta detengono il potere.»[14].

Weber spiega in modo esaustivo come il potere, in ogni sua forma, debba essere fondato sulla forza poiché al fine del suo mantenimento necessita di strumenti precisi quali denaro, edifici, mezzi di trasporto, macchine da guerra, apparati amministrativi; questo nella realtà accomuna le moderne democrazie rappresentative alle antiche oligarchie.

La rivoluzione francese in Occidente ha sostituito la monarchia ereditaria con i sistemi democratici elettivi gestiti dai partiti politici, oggi l’evoluzione richiede a tutti di partecipare direttamente alla vita politica, ogni mandato dovrà essere a tempo limitato e facilmente revocabile.

Si propone un turnover per un solo mandato rappresentativo se ottenuto da voto segreto e più mandati se derivanti da voto dichiarato, è infatti salutare un cambio frequente dei rappresentanti dello Stato; nella Grecia antica venivano designati a sorte molti ruoli pubblici che duravano anche un solo giorno, questo a dimostrazione che non dovrebbe esiste il mestiere del politico a vita.

Il diritto al voto non significa dovere al voto, ed è giusto che ogni cittadino nel rispetto delle leggi possa proporre istanze referendarie per nuove regole e che la maggioranza semplice abbia pieno potere decisionale in merito. In Italia i referendum abrogativi sono considerati validi solo se partecipano oltre il 50% degli aventi diritto al voto, molte volte hanno deciso i non votanti, tutto ciò è da considerarsi assurdo poichè tale soglia fortemente limitante non è prevista per le varie forme di elezioni politiche ordinarie.

I referendum o le proposte di legge di iniziativa popolare potrebbero essere indetti con il consenso dell’1‰ dei cittadini maggiorenni, in Italia basterebbero quindi 50.000 cittadini promotori, ciò significherebbe incrementare in modo sostanziale istituti di democrazia diretta e sarebbe un valido metodo per limitare il potere delle varie oligarchie esistenti.

La rappresentanza tramite elezioni con voto segreto si è generalizzata nel XX secolo, fu un’idea di origine borghese risalente al ’700.

La classe politica ha dimostrato di non possedere la capacità di mantenere in modo decoroso il proprio incarico; il binomio dirigenti e seguaci deve essere estinto dalla politica.

«Una rappresentanza prolungata significa senz’altro il dominio dei rappresentanti.»[15].

Delega in bianco o la partecipazione attiva? Queste sono le alternative per decidere come la volontà dei cittadini può essere messa in pratica dall’apparato e dai dipendenti dello Stato.

Già Fromm espresse con netto anticipo quali erano le dinamiche proprie dell’Homo social del XXI secolo:

«Solo se riuscirà a dominare la società e a subordinare la macchina economica ai fini della felicità umana, e solo partecipando attivamente al processo sociale, l’uomo potrà vincere ciò che oggi lo porta alla disperazione: la sua solitudine e il suo sentimento di impotenza. Oggi l’uomo non soffre tanto a causa della povertà quanto del fatto di esser diventato un piccolo ingranaggio di una immensa macchina, un automa; del fatto, insomma, che la sua vita si è svuotata e ha perduto il suo significato.»[16].

Esiste l’economia domestica anche in democrazia, in altre parole il come dividere i beni materiali; a decidere in merito dovrebbe essere la politica stessa negli interessi dei molti e non la finanza nelle mani di pochi.

Le concezioni ideologiche a sostegno dei regimi tradizionali sono state molto simili: la Chiesa e la borghesia credevano e rappresentavano la volontà di Dio in Terra, il comunismo credeva negli uomini comuni, nell’uguaglianza e nella scienza, il fascismo e il nazismo disprezzavano l’uomo normale ed esaltavano il superuomo.

In Europa i partiti conservatori non necessitarono di fondare scuole in quanto i loro appartenenti erano già istruiti, a differenza dei partiti progressisti che istituirono scuole per la formazione delle proprie classi dirigenti ed in parte della base operaia. Tali scuole di partito non esistono più in quanto i partiti sono diventati delle vere e proprie macchine elettorali per la raccolta di voti e la distribuzione di incarichi di lavoro all’interno o in collaborazione con lo Stato, paragonabili in tutto a quelli americani che già due secoli fa erano strutturati in questa maniera.

Il risultato finale è che i conservatori sono rimasti tali e che i radicali si sono di fatto trasformati in conservatori, si è passati da una società stratificata in classi e con partiti molto diversi ad una società senza classi e con partiti simili.

I governanti senza un adeguato confronto con il popolo determinano democrazie di livello basso, essi stessi sono diventati sempre più conservatori e chiusi rispetto al cambiamento del mondo esterno dimostrando la loro incapacità di far progredire la democrazia diventando così una casta dove ciò che conta è il solo posto di potere con tutti i privilegi derivanti. Ogni partito o governo è per sua natura oligarchico si tratta di renderli democratici, la partecipazione attiva dei cittadini è possibile.

«L’organizzazione dei partiti politici non è certo conforme all’ortodossia democratica. La loro struttura interna è essenzialmente autocratica o oligarchica: nonostante l’apparenza, i capi non vi sono effettivamente designati dagli iscritti, bensì cooptati o nominati dal centro; essi tendono a costruire una classe dirigente isolata dai militanti, una casta più o meno chiusa in se stessa. Nella misura in cui vengono eletti, l’oligarchia partitica si allarga, ma essa non diventa affatto una democrazia: infatti l’elezione è decisa dagli aderenti, che sono una minoranza rispetto a quelli che votano per il partito al momento delle elezioni generali. Ora, i parlamentari sono sempre più soggetti all’autorità dei dirigenti interni: il che significa che la massa degli elettori è dominata dal gruppo meno numeroso degli iscritti e dei militanti, a sua volta subordinato agli organismi direttivi.»[17].

 La fine della casta porterà con sé la fine del sacro e delle élite di tutti i plutocrati con i loro subalterni striscianti, l’uomo è diventato complessivamente capace di automatizzare una molteplicità di elementi. Siamo entrati nell’epoca in cui il tempo sociale è predominante sul tempo lavoro, questa tendenza ci consentirà di raggiungere una società più egualitaria. 

L’azione democratica di ogni cittadino dovrà diventare la politica stessa, per questo motivo bisogna costruire un sistema di palazzi aperti al fine di consentire la diffusione del potere.

Passare da esseri sezionati dagli analisti per diventare protagonisti è un passo evolutivo essenziale, in questa ottica il presente testo vuole essere un’esortazione per il riconoscimento dell’importanza della partecipazione diretta.

Le nuove generazioni devono entrare nella società come cittadini che partecipano, conoscono, decidono e modificano le regole di convivenza, come le classi dirigenti hanno sempre fatto utilizzando la politica per imporre la loro sovranità, nessuno vuole più delegare alcuno a gestire il proprio potere, il proprio futuro.

La vita non è delegabile tanto quanto non lo è la democrazia, ancora meno il potere, è solo semplicemente possibile avere relazioni umane normali.

La lotta per essere normalmente umani è tuttora in atto a dimostrazione che imperi, regni, stati tiranni non hanno futuro.

Bisogna correre in democrazia tutti alla stessa velocità, non servono Olimpiadi, ora è compito dei molti segnare la fine dei principi ingannatori delle costituzioni e dichiarazioni universali per passare all’epoca delle azioni, GET significa in questo senso liberarsi per poter concretizzare tutte le possibilità che abbiamo per vivere meglio.

11 – Esercizio: Proporre soluzioni diverse relative a sistemi di rappresentanza e partecipazione dei cittadini nei luoghi pubblici e nelle istituzioni a tutti i livelli.

12 – Esercizio: Iniziare ad autoconvocarsi in gruppi, chip chiama chip, per gestire iniziative complesse attraverso tecniche pratiche di democrazia per investire le istituzioni e renderle vincolate alla volontà dei cittadini.


[1] (2018) Rino Masseroni, GET – Gettare nell’Evoluzione Tutto, ILMIOLIBRO, Roma 2018, pag. 117.

[2] (2015) Massimo L. Salvadori. Democrazia, Donzelli editori, Roma 2015.

[3] Aristotele. Grande etica, Mondadori, Milano 2008.

[4] (1762) Jean-Jacques Rousseau. Il contratto sociale, Rizzoli, Milano 1974.

[5] (2011) Jeffrey D. Sachs. Il prezzo della civiltà, Codice edizione, Torino 2012, pag. 112.

[6] Lev Trockij disse a suo tempo a Brest-Litowsk.

[7] Aristotele. La costituzione degli ateniesi.

[8] (1911) Roberto Michels. La sociologia del partito politico, Il Mulino, Bologna 1966.

[9] (1911) Roberto Michels. La sociologia del partito politico, Il Mulino, Bologna 1966, pag. 127.

[10] (1951) Maurice Duverger. I partiti politici, Edizioni di Comunità, Milano 1975, pag. 19.

[11] (1951) Maurice Duverger. I partiti politici, Edizioni di Comunità, Milano 1975, pag. 56.

[12] (1919) Max Weber. La politica come professione, Einaudi, Torino 2001.

[13] (1911) Roberto Michels. La sociologia del partito politico, Il Mulino, Bologna 1966, pag. 153.

[14] (1919) Max Weber. La politica come professione, Einaudi, Torino 2001, pag. 49.

[15] (1911) Roberto Michels. La sociologia del partito politico, Il Mulino, Bologna 1966.

[16] (1941) Erich Fromm. Fuga dalla libertà, Mondadori, Milano1994, pag. 237.

[17] (1911) Roberto Michels. La sociologia del partito politico, Il Mulino, Bologna 1966, pag. 512.